La Sicilia rappresenta il maggior distretto italiano dei vino bio, su una superficie totale di 98mila ettari, 30mila sono quelli certificati bio rappresentati da un 22% di aziende bio, che a conti fatti significa il 34% del biologico in Italia. Nel 2020 sono state prodotte quasi 10 milioni di bottiglie doc Sicilia da agricoltura biologica. È uno dei dati emersi nel corso della rassegna Internazionale Biodivino, ospitata a San Martino delle Scale, fino al 26 giugno.
Per quanto riguarda la produzione bio in Sicilia, sono numerosi gli aspetti regolati dal disciplinare, messo a punto da un Comitato scientifico indipendente, a cui le cantine devono attenersi per ottenere un marchio di sostenibilità da apporre in bottiglia. Le pratiche prese in esame vanno dalla misurazione dei consumi di acqua e dell’impronta carbonica, al controllo del peso della bottiglia, dalla salvaguardia della biodiversità floro-faunistica alla valorizzazione del capitale territoriale, dal risparmio energetico alla salute degli agricoltori e dei consumatori. Ad oggi sono più di 4.600 gli ettari dedicati e 40 milioni di bottiglie prodotte secondo i protocolli riconosciuti.
“Obiettivo dell’evento è di alzare l’asticella della qualità dei vini biologici siciliani e internazionali – spiega Lillo Alaimo Di Loro, presidente di Italia Bio – a partire dalla consapevolezza dei propri pregi e dei limiti delle produzioni in atto. A questo infatti servono le rassegne, che saranno tanto più utili e stimolanti quanto più alto è il livello della partecipazione e in questo Biodivino ricerca una sintesi soddisfacente, perfetta, tra le diverse sensibilità e il retroterra culturale e tecnologico tra i differenti “mondi del vino”, dal quale tutti ci aspettiamo di avviare un nuovo percorso per trovare nel vino quel prezioso che conduca l’umanità dei consapevoli a superare l’ostacolo di ogni massificazione e imboccare la strada di una nuova armonia tra l’uomo e il suo territorio, la storia e il suo paesaggio e celebrare, finalmente, quel vino che unisce e rende liberi, perché è terra e conoscenza tecnica, ma soprattutto è consapevolezza e cultura”.
“Una volta – dice Gianni Giardina, enologo e presidente del Comitato scientifico Biodivino – i vini biologici erano soltanto quelli ai quali non venivano aggiunte sostanze chimiche. Alcuni ‘difetti’ erano tollerati e venivano considerate caratteristiche peculiari. Adesso un vino biologico non è diverso o peggiore rispetto a uno convenzionale e in tal senso la Sicilia è, nel vero senso della parola, un’isola felice”.
Toni Scilla, assessore regionale all’Agricoltura: “Mettiamo l’agricoltura al centro della produzione. Ma dobbiamo metterci sinergicamente insieme e fare squadra. Un approccio così l’ho visto nel mondo del vino: un mondo straordinario, in grado di dare espressione della realtà siciliana a tutti i livelli”.
In tal senso il modello Italia con il suo patrimonio di Biocultura e la sua straordinaria rete di aziende biologiche può indicarne il percorso mentre la Sicilia apre le porte a un confronto senza limiti rispetto al tema principale del futuro: la sostenibilità dei modelli produttivi, la solidarietà delle economie e la convivialità dei rapporti tra i popoli. Il risultato non potrà che essere positivo.