L’autenticità di uno chef si rispecchia nei suoi piatti. Quando li assaggi per la prima volta, ti interroghi su come possa essere la persona che c’è dietro il professionista. Dopo la cena scambi due chiacchiere e arriva la conferma. Autentico, concreto, lo chef Giovanni Guarneri bada alla sostanza, non all’apparenza. Nella sua cucina, al primo posto viene la bontà del piatto, tutto nasce intorno all’ingrediente principale che poi viene accompagnato da altri due, tre…I suoi piatti sono essenziali, senza elementi inutili. Ogni giorno, da 30 anni, lo chef patron del Don Camillo di Siracusa va al mercato e sceglie personalmente quel che verrà servito nel suo Ristorante nel cuore di Ortigia, nel centro storico di Siracusa. Per questa ragione è apprezzato dalla sua clientela con cui ha instaurato un rapporto di fiducia. L’emozione che mette in ogni piatto, si percepisce dai suoi racconti conditi di storia e territorio. Uno chef di vecchio corso, Giovanni Guarneri, depositario dell’arte e della passione che gli è stata tramandata dal padre Camillo (da cui prende nome il Ristorante). Dopo i primi passi mossi con il papà, Giovanni perfeziona il suo stile ed elabora nuove pietanze che ancora a Siracusa fanno storia e si ritrovano nel suo menù. Lo chef non rinuncia alla cucina tradizionale regionale e agli ingredienti del territorio. Tutto parte da lì. La caponata c’è e ci sarà sempre tra i piatti del suo ristorante, come il gran fritto di pesce. Di Guarneri si ricordano anche le tante battaglie in difesa dei prodotti siciliani, come il limone di Siracusa IGP e l’arancia rossa di Lentini. “I miei piatti – afferma Guarneri – nascono dal territorio, dalla mia ispirazione, con delle regole ben precise che possono sembrare anacronistiche ma per me sono fondamentali. Noi dobbiamo pensare a fare il piatto innanzitutto buono, pulito e alla giusta temperatura dal punto di vista gustativo, non estetico. Se riusciamo a fare un piatto anche bello, siamo stati bravi. Nella mia scala all’ultimo posto c’è la bellezza perché il cuoco cucina per fare mangiare le persone. Non partirei mai da un colore, da un abbinamento cromatico, per fare un piatto. Oggi sono cambiate le tecniche e le attrezzature – continua lo chef – ma non è cambiata la mia sensibilità. Non cambio il mio modo di essere per inseguire le mode. Una buona cucina non può prescindere dalle proprie radici”.
Le stesse radici di cui Giovanni Guarneri parla nel suo libro “Cu mancia fa muddichi. Trent’anni al Don Camillo”. Nel testo si parla anche delle esperienze che sono state per lui più significative, come quella fatta in Giappone quando andò ad insegnare cucina siciliana agli chef dell’Hotel Hilton. Così quando qualche settimana fa a Guarneri, sommelier professionista AIS dal 2002, è stato proposto di ripercorrere quell’esperienza attraverso una serata abbinata ai vini siculo-giapponesi “Jun” di Terra delle Ginestre, lo chef non poteva che cogliere con entusiasmo la proposta di Angela Mondello e Marcello Fulgieri di Enostore Distribuzione.
Alla serata “Dall’Etna al Fujiyama” erano presenti i produttori di Jun, Junko Nishikawa e il marito Shigeaki, la coppia che dopo aver assaggiato dei vini prodotti sull’Etna, nel 2013 trovò l’occasione per acquistare un ettaro di terreno sul versante nord del Vulcano dove produrre i propri vini. La produzione iniziò l’anno successivo. “Jun è il mio nome e significa Pura – ha spiegato Junko Nishikawa – è un nerello mascalese in purezza che produciamo nel piccolo vigneto a Passopisciaro. Jun è il nostro primo vino italiano ma giapponese”.
I vini Jun vendemmia 2014 e 2015 (quest’ultimo in anteprima con la nuova etichetta verrà commercializzato a breve) sono stati abbinati ai piatti del Don Camillo. I vini si sono fatti apprezzare per eleganza e raffinatezza e hanno conquistato il pubblico presente insieme alle pietanze studiate dallo chef.
La cena ha preso il via con la passatina di fave con baccalà croccante. “Ho proposto questo piatto perché mi piace molto l’abbinamento di legumi e pesce” – ha commentato Guarneri.
Quindi arriva l’omaggio al Giappone. “Oltre 30 anni fa, mi sono trovato a dover preparare un grosso banchetto per oltre 500 persone e ho preparato una ricetta che avevo letto in un vecchissimo libro di cucina, si chiamava “ripiddu nivicatu” (vulcano con la neve). Oggi – ha commentato Guarneri – ho riproposto il piatto che ho chiamato: Dall’Etna al Fujiyama“. L’omaggio ai due vulcani è un risotto al sugo nero con ricotta ( a richiamare la neve) e salsa piccante (che riproduce la lava del vulcano).
La difficoltà sale con il primo piatto, profumato, intenso di gusto e corposo. Le pennette vengono servite con filetto di sgombro affumicato con olio essenziale di arancia rossa di Lentini, pezzetti di arancia, la sua scorza, finocchietto selvatico e polvere di capperi di Salina.
Il secondo è la grande novità del nuovo menù che verrà introdotto prima di Pasqua. Il cubismo di pesce su emulsione di pomodori e olio Dop Monti Iglei all’origano selvatico. Il pesce è quello di giornata. In degustazione tonno, pesce spada e cernia.
La cena si conclude dolcemente con il tortino di ricotta e pere e il gelato al pistacchio (omaggio all’Etna).
Una deliziosa serata che ha soddisfatto tutti, tra i sorrisi e la cordialità della coppia di produttori giapponesi Jun e Shigeaki e l’accoglienza perfetta dello chef patron del Don Camillo.
Un amore viscerale per la cucina, quello di Giovanni Guarneri, che lo ha portato ad essere tra i fondatori de “Le Soste di Ulisse”, l’associazione creata nel 2002 che riunisce, tra i propri associati, ristoranti gourmet, charming hotel, cantine vinicole e maestri pasticceri. Oggi Guarneri fa parte del Direttivo – presieduto dallo chef due stelle Michelin Pino Cuttaia – ed essendo uno degli chef di più lungo corso, porta con sé la sua esperienza e la sua memoria.