La Sicilia è riconosciuta tra le 14 regioni tartufigene italiane, ma a differenza di molte altre che rientrano in questo gruppo, non si è ancora dotata di una legge ad hoc che permetta di valorizzare questo prodotto del sottobosco, vietando al contempo vere e proprie predazioni. Delle difficoltà di oggi, del vuoto legislativo da colmare, delle esperienze delle altre regioni, ma anche delle interessanti potenzialità che i funghi sotterranei possono offrire, si è parlato nel corso del convegno “Norme in materia di raccolta, coltivazione, commercio e tutela del consumo dei tartufi nella Regione Siciliana” che si è svolto ieri a Palazzo dei Normanni presso la Sala Piersanti Mattarella dell’ARS.
Durante l’incontro è stato presentato il disegno di legge di iniziativa parlamentare n.496/2019 “Norme in materia di raccolta, coltivazione, commercio e tutela del consumo dei tartufi nella Regione Siciliana”. Con l’approvazione dello stesso si colmerebbe il vuoto legislativo che altre regioni hanno ormai superato da tempo, regolamentando un’attività che può superare il livello amatoriale e diventare per qualcuno anche una interessante fonte di reddito.
«La proposta di legge nata dalla consultazione di numerose associazioni micologiche – ha spiegato Nello Di Pasquale, deputato Pd e primo firmatario della proposta – non è da considerarsi blindata, ma suscettibile di miglioramenti e suggerimenti che possono provenire anche da altre parti politiche». Alla stesura del testo hanno collaborato le associazioni micologiche “La Ferula” di Mazara del Vallo, Gruppo Micologico Siciliano onlus di Palermo, Associazione Micologica Econaturalistica Trinacria onlus di Palermo, Associazione micologica Padre Bernardino di Ucria, Associazione Micologica e naturalisica onlus “Micelia” di Palermo, gruppo micologico Akrense di Palazzolo Acreide.
Il tartufo siciliano è ormai entrato a pieno titolo nelle preparazioni gourmet dei ristoratori siciliani che lo accoppiano ad ingredienti di mare e di terra in estrose preparazioni. Un esempio di ciò che si può realizzare con il tartufo siciliano che si raccoglie in questo periodo ovvero il Tuber borchii detto marzuolo o bianchetto (molto saporito), il Tuber mesentericum (sapore forte e deciso), il Tuber puberulum (buono ma più delicato del borchii) e il Tuber brumale (odore di muschio e sapore delicato), è stato presentato, a conclusione del convegno, dagli chef Domenico Pipitone ed Andrea Davì in collaborazione con lo chef Daniele Olivastro (Le Cattive).
Gli chef hanno deliziato i palati dei numerosi presenti con: gambero di nassa con tartufo e bufala, miele millefiori di ape nera sicula e polline (usato il Tuber borchii e Tuber puberulum); spaghettino freddo con erba cipollina, vongole, tartufi e alga spirulina (spaghettini conditi con burro al Tuber borchii); tartara di manzo con salsa agli asparagi, nocciole e tartufi (Tuber brumale). Il tutto accompagnato con Nero d’Avola Sallier de la Tour ed Etna bianco Buonora. Perfino il dessert è stato profumato al tartufo. Il menù è stato chiuso con un cremoso al cioccolato bianco e tartufi abbinato a Nachè, idromele di ape nera sicula.