Presentato a Catania il libro “Il gelato è sacro” di Peppe Flamingo

by Redazione

É stato presentato a Catania il libro “Il gelato è sacro” di Peppe Flamingo, fondatore di Don Peppinu. Durante la presentazione del volume, nella rinnovata gelateria di piazza Duomo a Catania, è stato lanciato un vero e proprio “manifesto” del gelato verace.

Flamingo ha raccontato la sua visione del gelato come prodotto «sacro», appunto, cioè frutto di scelte radicali, materie prime di origine controllata e rispetto per il consumatore. E ha spiegato come l’idea di scrivere “Il gelato è sacro” sia nata dal bisogno di aprire un dibattito concreto sulla realtà del settore: «Pensare che basti scrivere “artigianale” per garantire chi ama il gelato sulla bontà di ciò che sta mangiando è un inganno, perché molti artigiani, proprio perché magari gestiscono da soli una piccola bottega, non hanno il tempo di fare un lavoro di ricerca e si appoggiano all’uso di basi pronte», ha spiegato Flamingo: «In molti altri contesti esistono disciplinari o figure capaci di garantire un assaggio responsabile, come i sommelier nel mondo del vino. Il gelato è sempre stato bistrattato da questo punto di vista. E invece il gelato, come tutti gli altri prodotti di qualità, deve parlare di chi lo fa, di dove nasce e di cosa contiene. Il Gelato Verace è un’idea che va oltre il mio marchio: è una proposta che vuole andare a beneficio di tutti i bravissimi produttori di gelato in Italia impegnati a fare un prodotto davvero buono e dunque una proposta aperta a chiunque voglia unirsi a un movimento che metta al centro la trasparenza, la qualità e il legame con il territorio».

Sollecitato dalle domande dei giornalisti presenti in sala, che hanno dato vita a un piccolo dibattito sulla necessità o meno di andare verso la direzione di un vero e proprio marchio, anziché scommettere unicamente sulla bontà del prodotto, Flamingo ha ulteriormente chiarito: «Oggi ho la fortuna di poter affrontare queste problematiche con un’azienda in attivo, che sta riuscendo a farsi capire dal pubblico. Ma non posso trascurare che tutti i miei colleghi che fanno un gelato di eccellenza soffrono una grande crisi, tanto che forse, bilancio alla mano, solo il 10% delle attività che lavorano bene si rivelano poi anche economicamente sostenibili. Dal mio punto di vista si tratta di una battaglia che ha una vera e propria valenza sociale, volta ad aiutare tutti coloro che con tanti sacrifici, spesso con attività a conduzione familiare, riescono a salvaguardare uno dei prodotti che ancora rappresenta la vera eccellenza del Made in Italy».

A supportare la proposta ci sono stati anche gli interventi di Alfonso Isinelli, critico gastronomico, e di Frank Merenda, esperto di marketing a livello internazionale, che hanno contribuito ad affrontare la questione da diversi punti di vista.

«Spesso si pensa erroneamente che un critico gastronomico debba saper parlare di tutto, quando ci sono ambiti specifici, come quello del gelato, che dovrebbero presupporre una preparazione specifica e una comprensione profonda», ha detto Isinelli: «Soprattutto perché il ruolo della critica dovrebbe essere quello di contribuire a costruire una conoscenza del prodotto, a capire le differenze e in questo caso il valore di un prodotto autentico, verace appunto, realizzato a partire da materie prime di qualità e quindi capace di esprimerne identità e gusto».

Frank Merenda ha sottolineato come la proposta del Gelato Verace rappresenti «una nuova categoria capace di creare una comunità di consumatori più informati e produttori più coraggiosi». «Pensate al fatto – ha spiegato – che il successo di una delle catene americane più famose è dovuto alla nota abbondanza di zucchero nei suoi gelati, che lo rende il prodotto preferito dai bambini, a causa della immaturità delle loro papille gustative. Allo stesso tempo, però, il consumo di questo prodotto crea un’abitudine al dolce di cui sarà difficile liberarsi anche da adulti, facendo sì che paradossalmente sin da piccoli ci abituiamo a non riconoscere il gusto vero della frutta o della frutta secca. Tornare all’ingrediente originale significa superare proprio questo paradosso».

«È questo il motivo per cui, per cambiare radicalmente l’approccio al mio lavoro, ormai molti anni fa mi sono chiesto come si facesse il gelato ai tempi di mio nonno, quando non esistevano gli aromi in busta su cui oggi si fonda il lavoro del 90% delle gelaterie, e ovviamente la risposta è stata: con la frutta», ha ribadito Flamingo, che durante il suo intervento ha anche guidato il pubblico in una degustazione comparativa a sorpresa, con due tipi di panna e due tipi di gelato al pistacchio, invitando a riflettere su quanto la materia prima e le scelte produttive incidano realmente sull’esperienza di gusto. «Un assaggio consapevole è già un atto di rivoluzione culturale», ha aggiunto: «Per questo il mio libro contiene una vera e propria cassetta degli attrezzi per i consumatori, che potranno imparare a distinguere sempre e ovunque ciò che stanno mangiando».

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