Lo chef milazzese Giacomo Caravello, patron di Balice, è stato scelto per guidare il nuovo bistrot di Tenuta di Castellaro. Il suo approccio moderno alla cucina si distingue per ricerca, evoluzione e un profondo legame con le radici del territorio siciliano. La sua filosofia si basa su una visione contemporanea della tradizione, capace di reinterpretare ingredienti autentici in chiave innovativa, senza mai perdere il legame con l’essenza della cucina locale.
“Energia, entusiasmo, visione e territorio, sono queste le parole che riassumono alla perfezione la strada che ci ha portato ad abbracciare senza esitazione il progetto dell’apertura del nuovo Bistrot Castellaro”, racconta Caravello, milazzese, classe 1989, già a La Montecchia dagli Alajmo e con Martina Caruso al Signum dal 2014 al 2018, poi dal 2019 a Balìce, nella sua città natale. “Il grande lavoro fatto da Massimo Lentsch in questi anni sull’Isola di Lipari – continua – ha dimostrato la lungimiranza di credere in un luogo unico al mondo, al quale sono fortemente legato per vicinanza geografica e percorso lavorativo. La nostra idea è quella di parlare di territorio, nel piatto, nell’atmosfera e nell’energia vulcanica che queste isole sanno trasmettere. Per me una sfida entusiasmante, come chef, come imprenditore e come figlio adottivo di questo arcipelago. Non vediamo l’ora di accogliervi”.
Un viaggio sensoriale tra territorio e stagionalità
Il menu di Castellaro Bistrot – aperto a pranzo per la degustazione e il light lunch e a cena con un menu à la carte – è un tributo alla biodiversità dell’arcipelago eoliano, con un’attenta selezione di materie prime locali e stagionali. I piatti sono costruiti attorno a elementi centrali della tradizione gastronomica eoliana, esaltati da tecniche moderne e abbinamenti creativi. Capperi, pomodori datterini, finocchietto selvatico, basilico, gamberi rossi, gamberi di nassa, melanzane, cozze, mandorle: sono alcuni degli ingredienti fondamentali su cui ruoterà la proposta, molto rappresentativi del territorio e dell’idea di cucina del Bistrot Castellaro.
Un’esperienza immersiva tra vino e cucina
Castellaro Bistrot è il luogo perfetto per un’esperienza enogastronomica completa, in cui le etichette di Tenuta di Castellaro, dell’Etna DOC di Massimo Lentsch e alcune tra i più rappresentativi Vignerons francesi si fondono armoniosamente con le proposte culinarie dello chef Caravello. Ogni portata è pensata per esaltare le caratteristiche dei vini, creando abbinamenti studiati per valorizzare aromi, sapori e struttura.
L’apertura del bistrot rappresenta un ulteriore tassello nell’impegno di Tenuta di Castellaro verso un’offerta di qualità, in grado di coinvolgere gli ospiti in un viaggio che celebra il paesaggio, la cultura e la tradizione delle Eolie.

Un bistrot di design
Realizzato in collaborazione con gli architetti Michele Giannetti e Alessandro Dalpiaz dello studio Dalpiaz Giannetti Architekten di Amburgo, il Bistrot Castellaro riprende la stessa forma architettonica dei pilastri a fungo della cantina, con colonne realizzate in una cassaforma di polistirolo. Gli elementi della cassaforma, trasformati in installazioni d’arte dall’artista Luigi Radici, arricchiscono lo spazio della barriccaia, così come le pareti da lui personalizzate. L’ascensore funziona come torre del vento, mentre una cucina a vista esterna crea un’atmosfera accogliente e raffinata, perfetta per la preparazione delle pietanze.
Tenuta di Castellaro
Lì dove il sole cala a picco sul mare e si trasmette la millenaria tradizione della coltivazione ad alberello, sorge su terreno vulcanico Tenuta di Castellaro, un monumento dedicato alla natura, alla cultura, all’architettura. Il progetto enologico, strettamente legato all’ambito storico e paesaggistico, racconta un territorio unico come quello di Lipari, la principale delle isole Eolie. Sono 24 ettari vitati per circa 70mila bottiglie l’anno e una moderna cantina all’avanguardia, oltre a un wine resort e al parco geominerario delle Cave di Caolino, ripulito e bonificato per metterlo a disposizione della collettività: Tenuta di Castellaro è una realtà unica e articolata, che vive da sempre un approccio naturale alla viticoltura applicando protocolli biologici e vegan. Il fascino selvaggio di questo angolo di mondo, incontaminato, remoto e magnetico ha stregato la famiglia bergamasca Lentsch, che nel 2005 ha deciso di intraprendere un grande progetto vitivinicolo e paesaggistico: preservare, valorizzare e far conoscere la bellezza di questo luogo, custodendone le tradizioni e le peculiarità, dando vita a vini realizzati da uve autoctone isolane, a partire dalla Malvasia delle Lipari e il Corinto Nero, che siano puro estratto di un territorio.

Questa cantina non è solo un luogo di produzione, ma un’eccellenza architettonica che coniuga innovazione e rispetto per l’ambiente.
“La nostra visione è sempre stata quella di creare un luogo che rispettasse la storia e la bellezza di Lipari – spiega Massimo Lentsch, che ha dato origine alla cantina nel 2005 – unendo il passato con il futuro in un’armonia perfetta. Abbiamo investito risorse, energia e passione per realizzare un sogno: una cantina che possa essere interpretata come un’esperienza da vivere e condividere. Ogni scelta architettonica racconta il profondo legame con la storia e la cultura del territorio. Crediamo fermamente che il rispetto per l’ambiente e l’adozione di tecnologie sostenibili siano la chiave per un futuro in cui l’uomo possa continuare a produrre eccellenze senza compromettere l’equilibrio naturale”.
Un progetto etico e all’avanguardia
La famiglia Lentsch ha dato vita a un progetto ambizioso, realizzato in collaborazione con gli architetti Michele Giannetti e Alessandro Dalpiaz dello studio Dalpiaz Giannetti Architekten di Amburgo. La cantina si estende su una superficie di duemila metri quadrati ed è la più grande struttura bioclimatica delle Eolie. I principi su cui si basa sono chiari:
• Integrazione con il territorio, rispettando il paesaggio e la natura circostante.
• Valorizzazione delle risorse naturali, sfruttando l’energia solare e la ventilazione naturale.
• Rispetto della tradizione e della storia architettonica locale, reinterpretando le antiche tecniche costruttive.

Architettura Ipogea e materiali naturali
La cantina, completamente interrata, si ispira alle abitazioni ipogee tradizionali delle Eolie. La scelta di svilupparla in verticale su tre piani permette di sfruttare la forza di gravità per i travasi, riducendo il consumo di energia e preservando la qualità del vino. I materiali utilizzati per la costruzione provengono direttamente dall’isola, garantendo così un impatto ambientale minimo e una perfetta armonizzazione con il contesto naturale.
La Barricaia si ispira al Chiostro Normanno, simbolo della città di Lipari, dal quale riprende le colonne che sostengono archi a tutto sesto.
La cantina è caratterizzata dalle sue colonne a fungo in cemento armato, disposte su un reticolo di 6,0 x 6,0 m. Per la loro realizzazione è stato utilizzato un metodo molto particolare, senza l’uso delle casseforme tradizionali. La funzione di cassaforma è stata svolta dalla terra, sulla quale sono state scavate le forme negative dei pilastri. Successivamente, dopo la posa delle armature, è stato eseguito il getto del cemento. Dopo 28 giorni di maturazione, sono stati eseguiti gli scavi dal basso, con pazienza, intorno a questo scheletro. La terra è rimasta attaccata al cemento, copiando esattamente la colorazione e le stratigrafie. Il fusto delle colonne si presenta sorprendentemente diverso dalle volte, caratterizzato da una scala cromatica che, in successione, rende evidente la stratificazione del terreno formatasi a seguito dei vari fenomeni vulcanici eruttivi che si sono susseguiti sull’isola.
Si può così ammirare nelle colonne stesse lo scorrere di un periodo geologico di oltre 20.000 anni. La porzione di roccia che costituisce la base e il fusto delle colonne risale ai depositi dell’eruzione del centro eruttivo di Monte Guardia, attivo fino a 24.000 anni fa. La parte sommitale delle colonne e le volte sono composte dai depositi provenienti da un centro eruttivo dell’isola di Vulcano (tufi bruni). La porzione biancastra delle volte è riconducibile all’eruzione del centro del Vallone del Gabellotto.